Belle, profumate, levigate… le donne adorano essere in perfetta forma per se stesse e per il proprio uomo. Ma qualche volta troppa cura può nuocere al sesso? Tutta questa fatica denota a volte un eccesso di rigidità che non sempre piace agli uomini.
Una domanda ricorrente che mi viene fatta dai pazienti riguarda il come trovare l’equilibrio interiore, ossia quale sia la chiave che permette di raggiungere la serenità.
Avevo proposto, tanti anni fa, di fare con dei colleghi del brain-storming, momenti di scambio e di approfondimento sul nostro vissuto, sulle nostre difficoltà di fronte a certi casi e sulle problematiche che ci vengono presentate. Purtroppo l’adesione fu molto scarsa per vari motivi (a dire la verità abbastanza tristi da analizzare…), ma qualche giorno fa, una persona alla quale chiedevo scusa per un’ errore mi ha risposto: “Tu sei umana, è bello così”. Mi è, allora, tornato in mente uno dei rari scambi tra noi professionisti, confidenze sul come trovare e mantenere il nostro equilibrio. Solo riconoscendo con sincerità e umiltà i nostri limiti possiamo collocarci di fronte all’altro su un registro di fraternità umana, “alla pari” come sottolineo spesso. Tutti hanno diritto ad avere delle incertezze, delle paure, ma si tratta di imparare a gestire quello che ci succede. Solo allora l’esperienza personale potrà essere messa al servizio dell’altro .
Cercherò di seguito, oggi e giovedì prossimo, di elencare alcuni atteggiamenti che sono stati utili alla sottoscritta e ad altri professionisti, modi di fare e di pensare che ci possono permettere di vivere in modo più sereno.
Innanzitutto bisogna evitare un atteggiamento giudicante.
Sappiamo che per essere fisicamente in equilibrio abbiamo bisogno di tre punti di appoggio, considerando il cervelletto come la nostra terza gamba (giusto per coloro che avessero messo in dubbio la mia affermazione). Per l’equilibrio interiore, invece, il primo punto su cui lavorare è accettare le nostre fragilità, che non sono nè inferiorità nè anomalie. Ognuno di noi ha ricevuto dai genitori cose fantastiche, altre meno. Quello che siamo diventati oggi non è colpa loro, ma nemmeno nostra. Se si volesse risalire all’origine dei fatti, delle cause, si intraprenderebbe un cammino senza fine; meglio pensare che si ha un cammino da percorrere, un cantiere da restaurare. Il secondo punto da affrontare è il lavoro. Questo cantiere è appassionante, ma richiede anche parecchia energia e spesso si rinuncia troppo presto a lavorarvi. Ci accontentiamo dell’intenzione. Per arrivare ad un cambio effettivo ci vuole l’allenamento, la costanza, come per lo sport.
Il terzo punto importante è l’incontro con l’altro. Ognuno di noi ha bisogno degli altri: possono diventare modelli, stimoli e ci possiamo ispirare con quello che apprezziamo in loro. Ognuno di noi ha da imparare dall’altro, chiunque esso sia. Bisogna, dunque, abbandonare l’atteggiamento di giudizio o di indifferenza nel quale spesso ci crogioliamo! Spesso si parte con la critica come se fosse rassicurante scoprire i difetti altrui. Si tralascia, allora, l’essenziale, la persona nel suo insieme. Cerchiamo di vedere l’altro con benevolenza e ammirazione, andando alla ricerca di quello che mi può dare come insegnamento. Solo in questo modo l’incontro diventerà fecondo e ci farà sentire sereni.
Ebbene sì, è stato il mio pensiero il 31 dicembre: “Che voglia di stare da sola!“. Anzi da soli. Nel vivere in coppia, la prima scrematura si riferiva all’esterno della famiglia, poi in casa nessun problema, perché vanno rispettate le esigenze di ognuno, in particolare il bisogno di solitudine vissuto come una boccata d’aria. Finita la baraonda delle feste natalizie, ho provato un gran bisogno di calma e di silenzio, un bisogno di me stessa. Una solitudine relativa, breve, ma sufficiente per aver voglia di condividere con i lettori tutto quello che essa ci può offrire.
Quando incontro per la prima volta una persona in studio, cerco spesso di capire il suo livello di ansietà aiutata da un test molto significativo ed affido un “compito a casa”: una ricerca su desideri, bisogni, tendenze ed impulsi. Devo spesso spiegare queste ultime parole, in particolare il fatto che l’impulso sia percepito come “è più forte di me!”
Farò qualche esempio di momenti irresistibili spesso non confessati che mi sono stati citati, per darne poi la spiegazione. E nonostante all’apparenza si potrebbe pensare il contrario, non ci sono grosse differenze tra uomini e donne.
Contrariamente alle abitudini, che variano con l’età, il rituale permane tale quale nel tempo e questo ci offre l’illusione di sentirsi protetti.
Il rituale composto da una successione di gesti che devono susseguirsi in un ordine prestabilito e ben preciso; in tal senso diventa un’ossessione, a volte una vera e propria tirannia quando, per sentirci abbastanza bene, dobbiamo a tutti costi applicare il nostro rituale.
Ma come funziona? A che cosa serve?
Sfogo, disperazione, realismo: chi sa con quale ansia diciamo “Presto! Presto! Presto!!!”, come se ora fosse già troppo tardi ed invece siamo noi ad aver messo troppa carne al fuoco, con il rischio di bruciarla.
Per liberarsi da questo incubo, occorre innanzitutto accettare di non essere dappertutto.
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