Sfogo, disperazione, realismo: chi sa con quale ansia diciamo Presto! Presto! Presto!!!”, come se ora fosse già troppo tardi ed invece siamo noi ad aver messo troppa carne al fuoco, con il rischio di bruciarla.

Per liberarsi da questo incubo, occorre innanzitutto accettare di non essere dappertutto.

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Voler incontrare un’amica, non voler perdere un replay televisivo, pensare di telefonare all’idraulico, andare a prendere il bimbo a scuola: sempre di più rassomigliamo a personaggi di un cartone animato, compulsivi e frenetici. Di chi o di cosa è la colpa? Le reti social ci stanno letteralmente fagocitando, purtroppo con la nostra complicità. Realizzate quante ore della giornata sono dedicate a consultare Facebook, Twitter, Instagram, sia per pubblicare il proprio mondo sia per curiosare in quello altrui. Quanto tempo sprechiamo in questo mondo virtuale (divenuto spesso una droga) ma sopratutto nel rimuginare su quello che si è letto o visto. Ne è addirittura nato un vero e proprio fenomeno internet, il FOMO, (fear of missing out), la paura di perdersi, di essere dimenticati. Una vera patologia – sotto forma di paura paranoide – che rivela di pari passo una dipendenza numerica ed un desiderio di ubiquità impossibile da colmare, che genera stress.

Come saltarne fuori?

Questi social creano un turbine euforico: danno l’illusione di essere molto conosciuti, di avere tanti amici e di essere considerati, rispettati, ricevendo parecchi inviti ed apprezzamenti di tutti i tipi. Il problema sorge quando questa molteplicità ci paralizza, crea frustrazione o mancanza. Occorre, quindi, imparare a scegliere, a rinunciare.

La soluzione sta, quindi, nel diventare attori della propria vita piuttosto che spettatori sul web dal quale si possono cogliere idee da sviluppare poi in modo proprio, calandole nella realtà.

Ecco qualche “trucco” per staccarsi più facilmente dalle reti.

Ci abituiamo progressivamente al cambiamento per brevi momenti: teniamo il telefono spento mentre mangiamo, mentre andiamo in bagno, durante un viaggio o un film che guardiamo alla televisione. Scriviamo nero su bianco i benefici di questo “mini riposo” da vivere come una sorta di svezzamento. Smettiamo di succhiare per cominciare a masticare cose più solide.

Si sviluppa allora il programma di disintossicazione.

  • Innanzitutto, bisogna mettere di filtri.

Quali informazioni voglio diffondere, quali voglio ricevere? E da chi? Sapendo bene che 20% delle cause produce l’80% degli effetti, si riflette su quali siano i 20% degli amici che mi producono l’80% di benessere. I contatti si ridurranno in automatico.

  • Si prende coscienza dei disturbi ossessivi legati alle nuove tecnologie.

Vari sondaggi hanno messo in evidenza che un’altissima percentuale di persone non riesce a separarsi dal cellulare, nemmeno a spegnerlo. Panico se la rete non prende, se la batteria è scarica o se si perde il telefono! Questa paura incontrollata di rimanere sconnessi dal contatto con la rete di telefonia mobile si chiama nomofobia. E’ la manifestazione di uno stato ansioso che si sviluppa all’idea di non essere raggiungibili o di non poter raggiungere familiari ed amici, generando stress incontrollabile.

Occorre assolutamente prendere coscienza di questa dipendenza per poterne tenere le redini, gestirla piuttosto che esserne gestiti. Sarà l’inizio della “guarigione”.

Il filosofo sociologo francese Edgar Morin, con la saggezza dei sui 95 anni, ha scritto: “A sacrificare l’essenziale per l’urgente, si finisce per dimenticare l’urgenza dell’essenziale”.

Lo si dovrebbe trascrivere sullo specchio del bagno!