Chi ha in mente di iniziare una psicoterapia ha già in testa questa frase: “Ho deciso, voglio venirne fuori!“. Le motivazioni sono tante, ma purtroppo si aspetta spesso l’ultimo momento, quando le forze sono in esaurimento. Chi di noi non ha dovuto affrontare la sconfitta di un progetto personale, della fine di un amore, di una delusione nel campo dell’amicizia. Nella vita non mancano di certo le batoste ed a volte si tende a diventare persino rinunciatari, talmente le risorse sono poche rispetto all’enormità delle delusioni.

Questo passaggio a vuoto può essere occasionale o aver tendenza a cronicizzarsi. ed in questo caso come e dove ritrovare la forza per uscire da questo stato letargico, come poter “tirare avanti”, come provocare questa famosa scintilla che riaccenderà il motore e ci farà scattare?

Businessman finding a solution to a problem

  • Darsi il tempo necessario per metabolizzare

Certo, dopo una caduta bisogna tornare in sella, ma inutile volerlo fare subito. La nostra società tende a spingerci a correre bruciando le tappe e riducendo i tempi; tutto si fa velocemente, senza prendere il tempo di soffermarci anche per approfondire o analizzare ogni cosa. Lo zapping regna con la televisione, i viaggi organizzati fanno vedere molto in poco tempo, si cercano ricette veloci e si mangia spesso senza nemmeno assaporare, si legge poco perché richiede tempo. Oltre alla necessità di fare tutto rapidamente, la filosofia attuale implica le necessità del pensiero positivo. Non c’è salvezza se si tende a rimuginare su,delusioni, tristezza, rabbia, amarezza! Chi di voi ha avuto la fortuna di vedere il film di Walt Disney “Inside Out” avrà capito che si tratta di un film per i genitori che accompagnavano i bambini.

Inside_Out_film_2015

Quante lezioni da imparare, in particolare, l’importanza della tristezza che fa prendere delle decisioni giuste. In effetti, abbiamo il diritto di non star bene dopo una disfatta qualsiasi e di prenderci il tempo per digerire l’accaduto. Queste emozioni, qualificate in modo erroneo come “negative“, aiutano la nostra psiche a rimarginare le ferite in seguito ad un fallimento  o a metabolizzare il lutto  di un progetto sul quale avevamo investito tanto. Meglio esternare questi sentimenti senza aspettare che, per non sembrare deboli, questi ci indeboliscano veramente con disturbi psicosomatici. Meglio accoglierli: arriverà un momento in cui l’orizzonte sembrerà schiarirsi ed allora, poco a poco, i nostri pensieri si allontaneranno dall’incubo vissuto sulla nostra pelle.

  • Analizzare la propria ambivalenza

Una delle principali ragioni dei nostri fallimenti è la mancanza di chiarezza nei nostri desideri, perché siamo in balia dei venti contrari del nostro inconscio. In effetti, capita di aver la convinzione di voler andare in una tale direzione (scelta di lavoro, storia d’amore…) ma chi sa perché, facciamo di tutto per ottenere il risultato opposto! Certe persone, in effetti, trovano vantaggi nei loro fallimenti, un po’ perché è attraverso la loro sofferenza che percepiscono la propria esistenza,  un po’ perché diventano interessanti agli occhi di chi ha compassione di loro.

Entra in gioco, allora, anche un altro meccanismo: si è stati talmente condizionati da affermazioni negative che si finisce per averle interiorizzate e viverle come tale. Ad esempio, se si afferma che “nella nostra famiglia le donne sono infelici in amore” oppure “sei sempre stata incapace di prendere un’ iniziativa” … la strada è già tracciata, il futuro disegnato.

A volte, ancora, non si porta a termine un sogno o addirittura non ci si permette nemmeno di sognare, perché l’esempio vissuto da vicino, in famiglia, non me lo permette. Come immaginare di diventare libero professionista se i miei genitori hanno sempre insistito sull’importanza della sicurezza del lavoro da dipendente e loro stessi sono due operai? Come permettermi una relazione con una persona di ceto diverso se mi è sempre stato ripetuto che devo stare al mio posto?

Dov’è la soluzione? Bisogna prendere coscienza di questo meccanismo, smettere di pensarci come “sfortunati” ed ammettere la propria parte di responsabilità. Possiamo, infatti, analizzare con chiarezza i condizionamenti familiari, decidere di prendere le distanze e smettere di piangerci addosso.

In tal caso, potremo tornare in sella e galoppare… aspettando di leggere altre soluzioni per godere appieno di noi stessi.