Per uscire dalla depressione, risolvere problemi di coppia, instaurare il dialogo con un adolescente, ci si può risolvere allo psicologo che aiuterà a gestire al meglio le emozioni. Tuttavia, prima di fare questo passo, sarebbe opportuno individuare esattamente la sorgente di questa difficoltà e cercare di affrontarla con lucidità, anche da soli.

Sono tante le nuove terapie cognitive-comportamentali che non hanno più per obiettivo il modificare le emozioni, bensì riconoscerle, accettarle e gestirle.

emozioni

Dopo le tecniche tipo EMDR (riprogrammazione e desensibilzzazione attraverso il movimento degli occhi) oppure la più famosa PNL (programmazione neurolinguistica), stanno spuntando nuovi metodi dai nomi difficili da decriptare: MindfullnessACTDBT, …

Ho deciso di presentarvene alcune per farvi capire in che modo funzionano queste tecniche e come possono agire sulla nostra mente e sul nostro equilibrio, convinta però che potrete iniziare da soli a mettere in pratica qualche tecnica se avete ancora abbastanza energia e volontà. Anche se solo un briciolo!

La Mindfullness è un metodo di allenamento mentale. E’ una forma di meditazione che favorisce la piena coscienza, ossia la coscienza del SE centrando l’attenzione sul momento presente in modo non giudicante e sulle sensazioni corporee. L’obiettivo è di migliorare il livello di tolleranza e di accettazione dei propri stati emotivi in prospettiva di un futuro più sereno. La persona impara a riconoscere le sue emozioni, a inquadrarle, a dominarle e ad accettarle.

Questa tecnica è utile per ridurre lo stress e aumentare le performance ma attenzione: esercitarsi alla meditazione richiede disciplina e determinazione e solo con tanta pratica si raggiunge un risultato. Abbiate pazienza, funziona!

La terapia ACT (terapia dell’accettazione e dell’impegno) permette di dominare le sofferenze. Basata sulla pratica della piena coscienza, la terapia ACT insegna ad “accettare” le emozioni negative (tristezza, colpevolezza, paura, vergogna…) e ad “impegnarsi” nelle azioni desiderate senza più essere paralizzati. Questo apprendimento, progressivo, permette di dominare la sofferenza e di adottare un nuovo modo di vivere e convivere con le esperienze difficili.

Lo scopo di questa terapia non è quello di ridurre i sintomi, bensì di alzare la soglia di tolleranza. In effetti, non è necessario identificarsi con la sofferenza: se non possiamo liberarcene, facciamo almeno in modo che non si accresca.

Questo approccio può essere di aiuto per trattare tanti disturbi, dalle fobie ai borderline, ma anche per smettere di fumare o placare dolori cronici. E’ utile sopratutto per coloro che si sentono incastrati tra desideri e doveri nella gestione della loro quotidianità Non ci rendiamo conto fino a che punto la parola “devo” finisce per essere usata anche quando, in realtà, si tratta di un “voglio” o “ho deciso“. Ad esempio, quante volte sento dire “stasera devo uscire” mentre si tratta di una libera scelta e basterebbe dire “ho deciso di uscire“, “uscirò“, “voglio uscire“…

Ricordiamoci che anche i vocaboli hanno una grande risonanza nel nostro cervello e possono condizionare i nostri stati d’animo.

Il nostro obiettivo potrebbe essere quello di uscire dalla nostra mente per entrare nella nostra vita.

La tecnica DBT (ossia terapia comportamentale dialettica) ci insegna a gestire meglio l’impulsività tipica delle persone emotive. Come funziona? Si appoggia sul dialogo per uscire dal modo di pensare bianco/nero, per essere in grado di accettare punti di vista diversi. L’obiettivo non è quello di cambiare bensì di imparare nuovi comportamenti che permettono di gestire meglio emotività e impulsività. Il lavoro da fare su di sè implica l’uso di diverse tecniche (cognitiva-comportamentale, piena coscienza, psicanalisi…) e va fatto in modo progressivo e ben strutturato.

Nata nel 1990 in U.S.A., questa tecnica si è rivelata la prima terapia efficace per il trattamento dei disturbi borderline della personalità. Molto utile nel caso di tendenze al suicidio o all’autolesionismo ripetuto, aiuta anche il tossicomane o il depresso. Il programma standard si svolge sull’arco di un anno con, ogni settimana, un’ora di terapia individuale e due ore di lavoro di gruppo. Pur essendo molto efficace, la DBT non è ancora molto sviluppata in Europa.

Il terapeuta, figura indispensabile in questo caso, cerca di rimanere a contatto con i pazienti e di proporsi come figura di attaccamento sicuro. In contemporanea, responsabilizza il paziente con un piano cooperativo, cercando di sostenere lo sforzo costante ad esprimere le risorse personali e di valorizzare i minimi progressi.

Proseguiremo la prossima settimana questa carrellata di nuove terapie.